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Acidità dell’olio: cos’è e perché è importante

L’acidità è un parametro essenziale per valutare la qualità di un olio, soprattutto quando si parla di extravergine di oliva. In termini tecnici, si tratta di un valore che misura la presenza di acidi grassi liberi, espressi in percentuale di acido oleico su 100 grammi di prodotto. Più bassa è questa percentuale, migliore risulterà la qualità dell’olio, in quanto una ridotta concentrazione di acidi grassi liberi indica che le olive erano sane e che il processo di estrazione è avvenuto correttamente.

Quando un trigliceride si “rompe”, libera acidi grassi. Diversi fattori contribuiscono a questo fenomeno. Lo stato di salute dell’oliva, ad esempio, influisce in modo decisivo: frutti danneggiati, caduti a terra o attaccati da parassiti sviluppano un’acidità più elevata. Incidono anche i metodi di raccolta e i tempi di lavorazione. Più passa tempo tra la raccolta e la frangitura, maggiore è il rischio di innalzamento dell’acidità, perché si innescano processi di fermentazione. Infine, anche la conservazione dell’olio gioca un ruolo chiave: condizioni errate di stoccaggio, come esposizione alla luce o temperature elevate, portano a una più rapida degradazione e all’aumento dell’acidità.

La classificazione degli oli di oliva, secondo la legislazione comunitaria, tiene conto proprio di questo parametro. Un olio extravergine di oliva deve avere un’acidità massima dello 0,8%, mentre per l’olio vergine è consentito un valore più elevato (fino al 2%). Un olio extravergine di qualità, però, spesso presenta valori di acidità anche ben al di sotto dello 0,5%. Gli oli raffinati o di sansa, ottenuti anche mediante processi chimici o fisici per abbassare l’acidità e correggere difetti sensoriali, possono presentare valori di acidità molto bassi, ma perdono buona parte del patrimonio organolettico tipico dell’extravergine.

Un basso tasso di acidi grassi liberi è considerato un indicatore di qualità perché testimonia la cura e l’attenzione con cui sono state gestite le fasi di coltivazione, raccolta, lavorazione e conservazione del prodotto. Sul piano sensoriale, un’acidità contenuta di solito si accompagna a un profilo aromatico più ricco e a una migliore stabilità all’ossidazione, con un minor rischio di irrancidimento nel tempo.

Per mantenere l’acidità bassa occorre raccogliere le olive al giusto punto di maturazione e procedere rapidamente alla loro lavorazione, evitando i danni meccanici e la permanenza prolungata delle drupe in ambienti poco adatti. Le tecniche di estrazione a freddo con impianti moderni, inoltre, permettono di contenere la rottura dei trigliceridi e la formazione di acidi grassi liberi. Anche la conservazione dell’olio richiede attenzione, con l’utilizzo di contenitori in acciaio inossidabile o bottiglie scure, lontano da fonti di luce e a temperature costanti comprese tra 15 e 18 °C.

L’acidità, in conclusione, rappresenta un parametro cruciale per apprezzare la qualità di un olio. Un prodotto con valori bassi non solo offre note organolettiche più piacevoli, ma conserva anche meglio le componenti nutrizionali e i preziosi antiossidanti naturali. Conoscere e controllare questo aspetto assicura che l’olio extravergine di oliva resti un alimento salutare e ricco di gusto.

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